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| Regole per i comunitari |

Nuove regole per il soggiorno dei comunitari e dei loro familiari in Italia

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 30/2007 la normativa italiana si conforma a quella europea introducendo agevolazioni all’ingresso e al soggiorno in Italia dei cittadini dell’Unione europea e dei familiari, siano essi comunitari che di altra nazionalità. Neo-comunitari rumeni e bulgari compresi.

La materia del soggiorno dei cittadini comunitari e dei loro familiari è stata ampiamente riscritta dal Decreto Legislativo 30/2007 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 27 marzo ed entrato in vigore l’11 aprile. Il Ministero dell'Interno ha inoltre precisato, nella Circolare n. 19 del 6 aprile 2007, le procedure che i cittadini dell’Unione e i loro familiari devono attivare in caso di soggiorni in Italia superiori ai tre mesi.
Lungo e complesso è stato l’iter parlamentare che ha portato all’approvazione del Decreto legislativo con il quale è stata modifcata la precedente disciplina del D.P.R. 18 gennaio 2002 n. 54 e data attuazione alla Direttiva comunitaria 2004/38/CE del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'Unione Europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Tra le riforme che in primis vorremmo analizzare la previsione di apposite categorie di soggetti che possono godere del diritto alla libera circolazione e al soggiorno in uno Stato comunitario: il cittadino di uno Stato dell’Unione Europea che si reca o soggiorna in altro Stato membro del quale non ha la cittadinanza; i suoi familiari, intesi come il coniuge, il partner che abbia contratto un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro ed equiparata al matrimonio ai sensi di quella legislazione nazionale e il partner con cui si abbia una relazione stabile attestata dalla Stato del cittadino comunitario; i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni (e non più i 18 anni indicati dal DPR 54/2002) a carico e quelli del coniuge o del partner; gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o del partner e a ogni altro familiare a carico o convivente o che debba essere assistito per gravi motivi di salute (artt. 2 e 3 del Dlgs. 30/2007).
Il Decreto amplia pertanto la precedente nozione di “familiare” introducendo un’equiparazione tra lo status di coniuge e quello di partner con il quale il cittadino comunitario ha contratto un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, ipotesi che attualmente è riconosciuta dalle legislazioni di molti Stati europei - come la Francia per citare solo un esempio - ma non da quella italiana.
Inoltre nel caso di un partner che intrattenga una relazione stabile debitamente attestata con un cittadino comunitario, lo Stato dovrà esaminare le situazioni singolarmente e verificando la natura del rapporto deciderà se tale rapporto può essere assimilato ad una “relazione stabile debitamente attestata” pur in assenza di un’unione registrata secondo la legislazione nazionale.

Cambi di direzione inoltre sul fronte delle formalità richieste per il soggiorno: per i cittadini comunitari che soggiornano in Italia per un periodo superiore ai tre mesi infatti non è più previsto l’obbligo di richiedere la Carta di soggiorno e l’unica formalità amministrativa da espletare è l’iscrizione anagrafica (art. 9).
Per i cittadini comunitari che avevano già presentato la domanda per la Carta di soggiorno prima dell'entrata in vigore l’11 aprile della nuova normativa, è possibile procedere all’iscrizione all'Anagrafe del Comune di residenza semplicemente presentando la ricevuta rilasciata dalla Questura o dagli uffici di Poste Italiane abilitati.
A seconda che l’iscrizione anagrafica riguardi i familiari di un cittadino comunitario anch’essi con la cittadinanza di uno Stato membro oppure si tratti di extracomunitari, la nuova disciplina introdotta dal
Decreto 30/2007 ha previsto procedure differenziate.
Nel primo caso, l’iscrizione anagrafica nel Comune di residenza del familiare comunitario già soggiornante in Italia avverrà attraverso la mera presentazione di un documento d’identità, del passaporto in corso di validità, del visto di ingresso se richiesto, di un documento attestante la qualità di familiare comunitario o di familiare a carico e dell’attestato della richiesta di iscrizione anagrafica del familiare cittadino comunitario. Se invece il familiare che deve entrare in Italia sia un extracomunitario e il suo periodo di permanenza sia superiore a tre mesi, occorrerà richiedere la Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell’Unione presentando domanda presso la Questura o inoltrandola alle Poste mediante la compilazione del kit con la banda gialla.
Il Decreto prevede poi una dettagliata disamina delle molteplici tipologie di soggiorno che hanno portato il cittadino comunitario o i suoi familiari ad arrivare in Italia.

Nel caso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato, oltre alla documentazione richiesta per l’iscrizione anagrafica, deve essere prodotta anche la documentazione attestante l’attività lavorativa esercitata e la stessa
Circolare del 6 aprile 2007 precisa che per i cittadini dei Paesi neocomunitari (Romania e Bulgaria) resta in vigore fino al prossimo 1 gennaio il regime transitorio di limitazione della libera circolazione, salvo per quei settori produttivi già pienamente liberalizzati (agricolo, turistico - alberghiero, domestico e di assistenza alla persona, edilizio, metalmeccanico, dirigenziale e altamente qualificato); negli altri casi l’ingresso è subordinato alla richiesta dell’apposito nulla osta al lavoro rilasciato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura.
Qualora invece il soggiorno in Italia non sia connesso ad attività lavorativa, di studio o di formazione professionale, il cittadino comunitario è tenuto a dimostrare di avere risorse economiche sufficienti per il proprio sostentamento e quello dei familiari e di aver stipulato una polizza assicurativa per la copertura delle spese sanitarie.
Se infine il soggiorno in Italia deriva da motivi di istruzione o formazione professionale occorrerà produrre la documentazione attestante l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto, unitamente alla disponibilità di risorse economiche e alla titolarità di una polizza di assicurazione sanitaria.
La nuova disciplina svincola pertanto il diritto al soggiorno in Italia allo svolgimento di un’attività lavorativa o formativa prevedendo l’assoluta libertà di movimento e di stabilimento sul territorio nazionale a condizione che il cittadino comunitario disponga di mezzi adeguati senza dover così gravare sulle risorse previdenziali statali.

Rispetto alla legislazione del 2002, il Decreto 30/2007 ha introdotto ex novo il Diritto di soggiorno permanente che permette al cittadino dell’Unione che soggiorna legalmente e in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio nazionale di acquisire un diritto di soggiorno permanente senza dover svolgere periodicamente le formalità prescritte per il rinnovo dei documenti di soggiorno.
Entro 30 giorni dalla richiesta dell’interessato, è il Comune di residenza a rilasciare ai cittadini dell’Unione l’attestazione del soggiorno permanente mentre nel caso di familiari extracomunitari la domanda va presentata alla Questura. La continuità del soggiorno, attestata dall’iscrizione anagrafica dell’istante, non è pregiudicata da assenze non superiori complessivamente a sei mesi l’anno, da assenze di durata superiore ma giustificate dall’assolvimento di obblighi militari ovvero fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti quali gravidanza, maternità, malattia grave, studi o formazione professionale, distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo. L’assenza superiore a due anni consecutivi fa invece scattare la perdita del diritto e l’emanazione del provvedimento di allontanamento della persona interessata.
Trascorsi cinque anni di permanenza continuativa, i familiari stranieri non aventi cittadinanza comunitaria hanno diritto a chiedere la Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei, presentando domanda alla Questura del luogo di residenza.

Infine il Decreto disciplina la conservazione del diritto di soggiorno in tutti quei casi nei quali mutano successivamente al trasferimento del cittadino comunitario interessato o del suo familiare le condizioni per le quali si trovava in Italia.
Nei casi di decesso, di sua partenza dal territorio nazionale, di divorzio o di annullamento del matrimonio il familiare cittadino dell’Unione che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente o presenta i requisiti per divenire a sua volta titolare di un autonomo diritto di soggiorno continua a godere del diritto precedentemente acquisito.
La medesima conservazione del diritto di soggiorno rimane in capo al cittadino dell’Unione, lavoratore subordinato o autonomo nelle ipotesi di inabilità temporanea a seguito di malattia o infortunio; di stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata e di iscrizione presso il Centro per l’impiego ovvero dichiarazione ex art. 2 c 1 del Decreto Legislativo 181/2000 che attesta l’immediata disponibilità all’impiego, da parte di un cittadino comunitario che ha esercitato per oltre un anno un’attività lavorativa sul territorio italiano; di stato di disoccupazione involontaria al termine di un contratto di lavoro di durata inferiore ad un anno, o si è trovato in stato di disoccupazione involontaria nei primi dodici mesi di soggiorno in Italia ed è iscritto presso il Centro per l’impiego o abbia reso apposita dichiarazione di disponibilità all’impiego; cittadino che segue un corso di formazione professionale.


A cura di Eugenia Scifoni e Laura Glognoli

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